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la Truffa in bitcoin dell’ estorsione a sfondo sessuale

Quasi un milone di dollari in bitcoin dagli imbarazzati guardoni

Un tempo la paura di diventare ciechi fungeva da deterrente per chi eccedeva con pratiche onanistiche o di auto-piacere . Ora la paura più grande sembra quella di non essere più in grado di guardare direttamente negli occhi i tuoi colleghi, amici e parenti se un video compromettente di te arriva nelle loro caselle di posta elettronica. I truffatori lo hanno capito e stanno estorcendo bitcoin alle vittime per ricavarne una fortuna. Secondo un’indagine condotta dalla società di cibersecurity Area 1, gli estorsori del sesso hanno finora introitato quasi 120 bitcoin per un controvalore di circa 855.000 euro (949.000 Usd) . Inizialmente riportato da Fortune, il rapporto afferma che il pagamento medio da parte delle vittime di questo particolare tipo di truffa è di 0,073 bitcoin (circa 525 euro).

Come avviene il tentativo di estorsione

Tipicamente, l’email che i truffatori inviano alle loro vittime è formidabile. Gli estorsori avvertono infatti le potenziali vittime che possiedono dei video di loro mentre guardano siti o video porno . Dichiarano di aver ottenuto il video installando un malware (virus) su un sito porno che la vittima ha quindi scaricato involontariamente sul proprio dispositivo. I truffatori dicono che hanno registrato la vittima mentre si impegnava nella masturbazione tramite la propria webcam. In genere affermano anche di essere stati in grado di ottenere contatti social e professionali usando il malware e minacciano pertanto di inviare i video a tutti i contatti della vittima. Nella parte inferiore dell’email, comunicano quindi un importo da inviare a un indirizzo bitcoin dando come tempo massimo un giorno per effettuare il pagamento. In caso contrario, minacciano di inviare il video che affermano di aver registrato, a colleghi e parenti stretti. Promettono di cancellare il video se il pagamento è stato effettuato.

Per convincere le loro vittime, gli estorsori includeranno la password della vittima nell’e-mail di ricatto. Tuttavia, il più delle volte, i truffatori hanno ottenuto la password della vittima da una vecchia violazione dei dati.

Nel solo mese di maggio sono state ricevute oltre 1.443 segnalazioni di questo tipo di truffa. NON rispondere e NON pagare: ciò evidenzia solo che sei vulnerabile e potresti essere di nuovo preso di mira. Inoltre questa estorsione è una vera e propria truffa . Non hai preso nessun malware e non è vero che i truffatori sono in possesso dei video di te nè della rubrica con i tuoi contatti social ed email. Se fosse come scrivono ti manderebbero il video incriminato come prova . Qui la storia completa: https://www.actionfraud.police.uk/news/fraudsters-are-continuing-to-send-victims-their-own-passwords-in-sextortion-scam

I truffatori hanno anche dimostrato una certa raffinatezza nell’eludere i filtri impostati dai principali provider di posta elettronica. Per Area 1, una delle tecniche che hanno impiegato è quella di incollare le righe di scrittori famosi nel testo invisibile dell’email. Il rapporto di Area 1 è corroborato da un’indagine precedente della società di cybersecurity Digital Shadows che a partire da settembre 2018, il top indirizzo Bitcoin utilizzato dai truffatori aveva ricevuto oltre 480 bitcoin.

Gli USA sono in cima alla classifica delle vittime di questa truffa

Secondo Bitcoin Who’s Who, nel settembre 2018 tali truffe di estorsione a sfondo sessuale erano state segnalate in 42 paesi in cui gli Stati Uniti hanno fatto la parte del leone con il 30% del totale. Tra i paesi favoriti dai truffatori anche il Regno Unito era in cima alla lista con il 6% dei casi e i recenti report indicano che che il fenomeno è in crescendo.

I Paesi favoriti dai truffatori/estorsori . Fonte Bitcoin Who’s Who

Proprio questo mese, il centro di segnalazione nazionale per la criminalità informatica e la frode del Regno Unito , Action Fraud, ha rivelato che erano stati segnalati oltre 149 casi di reati di questo genere. Molti altri casi non vengono però segnalati dalle vittime, perchè di solito sono troppo imbarazzati per renderli pubblici denunciandoli.

Fonte : CoinCriptoNews

IN ITALIA LA BUFALA SI LEGGE SULL’ ANSA – BITCOIN FAKE NEWS

Per settimane istituzioni politiche e media ci hanno messo in guardia e ammonito chi pubblica false notizie (fake news)  su internet e sui social media per le conseguenze che poi hanno sulla popolazione ed hanno continuato a sproloquiare  sulla necessità di punire severamente chi le diffonda. Scopriamo invece che i primi a diffondere notizie false, tendenziose, fuorvianti, senza il minimo senso etico/professionale  di verifica delle fonti sono proprio le agenzie di stampa più accreditate, come ad esempio ANSA. Ciò è molto grave a mio parere, perchè non stiamo parlando di un blog qualsiasi come si potrebbe considerare il presente in cui le opinioni condivise sono sempre personali e non hanno la pretesa di Verità assoluta, ma di agenzie di stampa ufficiali che vengono riprese regolarmente dai media anche internazionali e poi diffuse a livello globale, provocando come in questo caso, come minimo reazioni di ilarità se non proprio di scherno da parte di chi, a ragione, considera (giustamente) l’Italia come il Paese di Pulcinella e ci permette di capire il perchè risultiamo agli ultimi posti al mondo per quanto riguarda la libertà di stampa e la correttezza delle informazioni. A questo punto ci si chiede a cosa servano le leggi sull’editoria che dovrebbero regolare tutto ciò e cosa si aspetti a prendere i famosi provvedimenti tanto auspicati dalle istituzioni contro le fake news.
Ciò premesso analizziamo la notizia Ansa di qualche giorno fa che si è talmente diffusa tra la popolazione da avere riscontri pressochè giornalieri da gente comune che di Bitcoin ne sa veramente molto poco e che rischia di creare opinioni errate e  false aspettative.
“In Italia la casa si paga in bitcoin”  
NEWS
Criptovaluta in atto notarile grazie a risoluzione Agenzia Entrate “

La prima cosa da puntualizzare leggendo  il sottotitolo, è che le criptovalute sono ufficialmente entrate negli atti notarili in Italia esattamente 2 anni fa , come si può facilmente riscontrare qui e quindi questa certamente non è una news (intesa come novità). Ben più grave, a mio parere, è invece affermare che questo sia avvenuto per merito di una risoluzione dell’ AdE (Agenzia delle Entrate) perchè è palesemente falso come scopriremo in seguito.  Vado quindi a riprendere e ad analizzare  le affermazioni evidentemente false del comunicato originale Ansa

TRUFFE E BITCOIN, QUALI SONO E COME PREVENIRLE

bitcoin-reveal

Dal suo inizio nel 2009, il Bitcoin è cresciuto in maniera esponenziale diventando una moneta digitale molto popolare ed usata in tutto il mondo. Purtroppo,  a causa della sua popolarità , del suo tasso di crescita e della sua capitalizzazione di mercato, anche i truffatori crescono e realizzano  benefici monetari molto consistenti.

Secondo Bitstamp, la prima piattaforma exchanger con regolare licenza, il bitcoin ha una capitalizzazione di mercato di più 11.3 miliardi di dollari, con una valutazione intorno ai $ 700/BTC (637€/BTC), al momento della pubblicazione. Va da sé che lo spazio Bitcoin e il suo valore attiri truffatori online che vogliono mettere le mani sulla moneta digitale impiegando metodi subdoli.

Naturalmente, indipendentemente dal fatto che tu sia un principiante nello spazio Bitcoin o ti sei dilettato in questa tecnologia per alcuni anni, è sempre una buona idea mantenersi aggiornati  sulle truffe da Bitcoin. Evidenzierò quindi le truffe bitcoin esistenti per rendervi consapevoli su cosa si può fare per evitare di diventarne vittima.

  1. LE TRUFFE DEGLI EXCHANGER BITCOIN

Questo tipo di truffa potrebbe non essere così facile da decifrare, semplicemente perché le organizzazioni possono avere un elevato livello di credibilità all’interno dello spazio bitcoin.

Ce ne sono alcune, però, che filtrano dalla rete. Ad esempio, nel 2014, la piattaforma di scambio valute digitali Cryptsy, perse 13.000 BTC e 300.000 LTC per una violazione  hacker dell’exchanger; tuttavia poi andò avanti senza informare i suoi utenti della situazione per paura di provocare panico di massa. Questo ha portato molti a credere che Cryptsy sia stata un mini-Mt.Gox .

Threat to digital currency. Criminal succeeds hacking theft. File contains Clipping mask, Transparency.
Threat to digital currency. Criminal succeeds hacking theft. File contains Clipping mask, Transparency.

Mt.Gox, l’ormai defunto exchanger bitcoin con sede a Hong Kong, assurse agli onori delle cronache sempre nel 2014, quando venne rivelato che circa 850.000 bitcoin erano stati rubati, per un valore all’epoca di circa $ 450 milioni. Nonostante 200.000 bitcoin furono ‘recuperati’,  molti utenti di quell’exchanger sono ancora in attesa di un rimborso per il  denaro che è stato loro rubato.

Cosa si può fare in situazione come questa? La migliore linea di difesa è quella di utilizzare solo i servizi di completa fiducia. Purtroppo, gli exchanger di cui sopra erano, in verso o nell’altro, exchanger di fiducia.

Che cosa può fare una persona?

Una soluzione è quella di non mettere tutte le uova nello stesso paniere e cercare di dividere quello che hai in diversi portafogli. In questo modo si può stare certi che non tutto quello che possiedi andrà perso se un exchanger viene hackerato. Inoltre è importante, come nel caso di Mt.Gox, accorgersi delle debolezze (ritardi nel rilascio del denaro per esempio) e cogliere i segnali di pericolo in anticipo. Sapendo di cosa si tratta si possono tenere a mente al momento del check out e passare ad altri exchangers (quello che fortunatamente feci io!!).

Naturalmente, prima di inviare il proprio denaro è saggio procedere con  cautela ed informarsi bene, ed essere consapevoli se eventuali exchangers evitano semplicemente di rispondere a domande nel tentativo di ignorare una situazione imbarazzante. Provate ad esempio a chiedere, quando vi faranno la procedura di antiriciclaggio, sulla sicurezza dei dati che state mandando loro e quali assicurazioni possano mettere in campo nel caso di una penetrazione del loro sistema di sicurezza con conseguente perdita di dati e di denaro/bitcoin (ma nemmeno una piattaforma come Bitstamp vi darà risposte rassicuranti, ci potete giurare!)

2. TRUFFE DA PHISHING

Sorprendentemente le truffe da phishing sono ben note per avere come obiettivo i bitcoin: dalle email con richieste di pagamento alle app di wallets che drenano i bitcoin degli ignari utenti che li scaricano dagli apple store sui propri smartphones, come è notizia di questi giorni, con seri dubbi sull’efficacia del livello di filtraggio fatto dalla casa della mela prima di pubblicare queste app e metterle a disposizione della propria clientela. Ed infine i cryptolockerphishing locks, programmi che codificano l’hard disk  dei vostri computer bloccando tutti i file data che sono contenuti all’interno i quali verranno poi eventualmente rilasciati solo dietro pagamento di un riscatto in bitcoin. Già nel 2014, proprio con il sistema delle mail con richieste di pagamento fasulle, anche il popolare wallet digitale Coinbase è rimasto vittima di un phishing di massa perdendo importanti dati dei propri utenti. In luglio, a seguito della chiusura e scomparsa della società di bitcoin mining  HashOcean, con milioni di dollari di bitcoin degli utenti, i phisher hanno tentato di raggiungere le vittime sostenendo che potessero recuperare i loro bitcoin rubati. Nel tentativo di attirare vittime ignare hanno usato falsi siti web, pagine di Facebook, e-mail di phishing.

Cosa si può fare per evitare di diventare vittima di una truffa da phishing:  non cliccare su eventuali fonti/link  che non sono state prima verificate. Se qualcosa non vi torna, procedete sempre con cautela. Dopo tutto, è molto meglio essere cauti prima, piuttosto che scoprire dopo avere involontariamente perso tutti i tuoi soldi.

3. FALSI SITI WEB

Si ritiene che in un discorso scritto, si possa leggere compiutamente anche se il contenuto delle singole parole è stato cambiato, basta che la prima e l’ultima lettera siano al loro posto .

Allo stesso modo, quando si tratta di qualcuno che cerca di fare apparire un sito web falso come reale,  utilizza solo una parte dell ‘URL del vero sito web, cambiando invece una  o più lettere. Un esempio di questo tipo di truffa è stato rivelato all’inizio di quest’anno quando un utente di Reddit ha annunciato di aver perso dei bitcoin  dopo l’utilizzo di un sito web falso di cui non si era accorto. L’utente ha creduto di star usando l’exchanger di moneta digitale ShapeShift.io ; tuttavia, è stato solo dopo essersi accorto che i bitcoin scambiati non arrivavano sul suo wallet, che notò la mancanza di una ‘F’  nell’ URL del falso sito web shapeshift utilizzato. Lo stesso succede anche per un altro exchanger , localbitcoins.com, di cui mi sono accorto personalmente e per fortuna ho evitato di cascarci…

Non solo, ma l’exchanger di Hong Kong, Bitfinex, quest’anno ha dovuto avvisare i propri utenti dell’esistenza di  e-mail di phishing che stavano circolando con un indirizzo che sembrava essere uno dei suoi.

Cosa si può fare: evitare di fare clic su fonti che non sono state verificate. Anche se un sito appare legittimo, ricordarsi sempre di controllare l’ortografia corretta del URL prima di procedere.

4. SCHEMI PONZI
Un buon massima di vivere secondo è ‘se sembra troppo bello per essere vero, probabilmente lo è.’ Questo è certamente il caso di schemi Ponzi, truffe piramidali, altresì chiamate catene di Sant’Antonio. Nella maggior parte dei casi, è facile rilevare una truffa di questo genere, ma ci sono ancora persone che ci cadono dentro. Perché? Perché i truffatori sanno cosa dire per ottenere quello che vogliono: tirar dentro quanta più gente possibile con la promessa di un grande ritorno sugli investimenti (ROI) senza dover fare molto per realizzarlo. Gavin Andresen, un noto sviluppatore di bitcoin,  haaffermato e ribadito per esempio, che tutti i cloud-mining bitcoin sono schemi di Ponzi. Vi vendono infatti potenza mining di macchine che nel migliore dei casi sono esauste e non vi ripagheranno mai dei soldi spesi per affittarne la potenza di lavoro, o fanno guadagnare pochissimo solo se uno affitta e rivende allo stesso prezzo massimo un mese dopo, incassando la produzione di quel mese come guadagno sull’investimento (ben poca cosa, dunque!).

Nel 2014, Trendon Shavers è stato arrestato e successivamente condannato a 18 mesi di prigione, dopo il suo coinvolgimento in uno schema Ponzi correlato ai Bitcoin. I rapporti affermano che ha sottratto in tutto 146.000 BTC agli investitori, pari a circa 807.380 $ durante il periodo in cui ha operato.

Un altro schema di Ponzi, che da allora ha smesso era CryptoDouble. Nel 2015, ha cessato tutte le operazioni dopo aver promesso chepyramidscheme avrebbe raddoppiato i depositi dei propri utenti entro 100 ore. Pare sia fruttato circa 2.233 BTC, pari a circa 500.000 $, del momento,  lasciando migliaia di clienti in perdita.

Ed infine i Ponzi su pseudo-criptovalute: Onecoin, Onelife, Swisscoin, Hubcoin sono tutti schemi Ponzi che sfruttano l’ignoranza e la curiosità di chi ha sentito parlare di   Bitcoin e dei favolosi guadagni che si possono ottenere (solo se ben investiti, però.) Fingendo di spiegarvi come funzionano le cryptovalute vi vendono il nulla , proiezioni di guadagno futuro in cambio di soldi reali, con pacchetti di acquisto di qualcosa che non corrisponde ai canoni di una criptovaluta. Ricordate sempre cosa è una criptovaluta e cosa la distingue da quello che questi truffatori cercano di vendervi o coinvolgervi: è una valuta come tutte le altre, nel senso che cambi quando vuoi e la quantità che vuoi (anche 1 solo euro), ma ha la particolarità di essere una moneta matematica, con sicurezze crittografiche (codificata), un sistema di registri delle transazioni (o blockchain) sempre visibili e trasparenti e soprattutto a controllo decentralizzato. Non c’è cioè un Ente Centrale, un governo o peggio, una società che ne controlla l’emissione, il valore e la distribuzione o le transazioni.

Cosa si può fare:  Come accennato prima, se sembra troppo bello per essere vero, allora probabilmente lo è. Evitare di investire in qualcosa che prometta più  guadagno di quanto il ROI possa garantire. Anche se una società Bitcoin ha ricevuto recensioni positive, non aderite subito. Diffidate e fate una vostra ricerca prima. Poi mi ringrazierete, se un investimento che credevate in origine per essere un affare vero si è poi rivelato essere uno schema Ponzi.

. – CONCLUSIONI

Purtroppo, finchè il mondo del bitcoin continua a crescere catturando l’attenzione delle persone che sono desiderose di investire in una nuova tecnologia che promette grandi cose, le truffe su e con i bitcoin rimarranno un fattore prevalente.

Tutto ciò non contribuisce a migliorare lo situazione anzi, è più probabile che ostacoli la sua crescita e che le  vittime di truffa rifuggano da ogni ulteriore investimento nella criptovaluta. Inoltre, la mancanza di regolamentazione significa anche che è più facile per i truffatori scovare le vittime giuste nello spazio  Bitcoin.

Come tale, è improbabile che le truffe che coinvolgono bitcoin si fermeranno in qualunque momento presto; tuttavia, essere a conoscenza dei diversi tipi di truffe rende più facile ad evitare di diventarne vittima e perdere potenzialmente migliaia di dollari, senza alcuna speranza di recupero.

Spunti da Hacked.com  di Rebecca Campbell del 30/10/2016 Aggiornato e corretto da gavriloBTC

 

Onecoin , il multilevel piramidale con la falsa scusa della criptovaluta.

onecoinbitcoin

Il rinnovato interesse verso il Bitcoin e le criptovalute come bene di rifugio e come  investimento molto fruttuoso, ha creato parecchie aspettative in un crescente pubblico che, anche dalle mie parti, è desideroso di apprendere il funzionamento e le possibilità di guadagno a questo mondo connesse. In tutto ciò si è introdotto Onecoin che attraverso propri affiliati, organizza delle serate “informative gratuite” sulle valute virtuali, ma di fatto tenta di vendere pacchetti formativi con il chiaro intento di vendere i token Onecoin. Anche dalla foto in alto in questo articolo, che riprende una pubblicità Onecoin, questa organizzazione utilizza il Bitcoin (“Onecoin il prossimo Bitcoin”)  per vendere un prodotto ed un servizio a mio parere completamente diverso.  Ist-OneCoin-illegal-

Questo articolo nasce quindi per mettere in guardia lettori e curiosi sul fatto che Onecoin non è assolutamente una criptovaluta, ma nella migliore delle ipotesi è un sistema di MultiLevelMarketing con forte tendenza a sfociare in un Ponzi scheme  ( struttura piramidale o catena di Sant’Antonio).

Una descrizione di cosa troverete a queste riunioni potete leggerla cliccando sull’immagine qui sotto così sapete prima cosa vi aspetta.onecoinaiaiai

Prima di partecipare e soprattutto di aderire ai loro famosi pacchetti, vi invito perciò a leggere anche le risorse sull’argomento qui di seguito reperite dal sito del vocabolario etimologico  http://www.etimo.it .

Buona Lettura

gavrilo

ULTIMI AGGIORNAMENTI:

18 Luglio 2020

ONECOIN, DOVEVA ESSERE IL “BITCOIN KILLER”, E’ DEFINITIVAMENTE FALLITA.

STORIA DI UNA TRUFFA ANNUNCIATA  di Eleonora Spagnolo(The cryptonomist.ch)

Onecoin doveva essere il killer di Bitcoin, finché le autorità giudiziarie di mezzo mondo non l’hanno definita una truffa. Anzi, per qualcuno può essere considerata la truffa del secolo, in grado di raccogliere 4 miliardi di euro.

Tra successi, sparizioni e persino delitti, questa è la storia della criptovaluta che prometteva una rivoluzione finanziaria.

OneCoin, the Bitcoin Killer

Onecoin nasce nel 2015. Il fondatore di questa moneta è Ruja Ignatova, amministratrice della società omonima con sede in Bulgaria. Lo scopo di Onecoin doveva essere la creazione di una moneta elettronica, alternativa ai contanti e soprattutto alternativa a Bitcoin.

Nell’epoca in cui Bitcoin era già abbastanza noto, OneCoin iniziò a strutturarsi non come una criptovaluta vera e propria, ma come una criptovaluta “futura”. OneCoin infatti era diffusa da veri e propri promotori artefici di un multi-level marketing. Quello che gli investitori compravano erano pacchetti di “token” che in futuro sarebbero stati convertiti in OneCoin quando la moneta sarebbe finalmente andata live.

In realtà la società ha sempre sostenuto di vendere pacchetti educativi. Ad ogni modo questi pacchetti erano di vari importi ed ogni importo garantiva un ritorno decisamente vantaggioso.

Prendendo ad esempio quanto riporta l’AGCM italiana in una istruttoria del 2017, i pacchetti in vendita andavano da un investimento di 140 euro fino a quello più cospicuo di 27.530 euro. Nel primo caso, nel 2018 veniva promesso un ricavo di 2.800 euro. Nel caso dell’investimento più cospicuo, il rendimento garantito era pari a 3 milioni di euro.

Nonostante non ci fosse una blockchain, nonostante non era chiaro il sistema di mining, nonostante OneCoin si professasse l’erede di Bitcoin pur non avendo in comune con esso l’infrastruttura tecnica, nonostante non fossero neppure chiari i motivi per cui il valore di OneCoin dovesse lievitare a tal punto da garantire ritorni da 3 milioni di euro, gli acquisti dei pacchetti proliferavano.

OneCoin costruì una vera e propria community, con eventi coinvolgenti e spettacolari. Di questi il più celebre resta quello che si tenne a Londra alla Wembley Arena, alla presenza di Ruja Ignatova. Era l’11 luglio 2016.

Dal palco, Ruja Ignatova prometteva una criptovaluta facile da usare, per tutti, che sarebbe diventata la più utilizzata del mondo. Diceva che dietro OneCoin non c’era solo una visione, ma una famiglia.

“Negli ultimi  due anni sono stata chiamata in vari modi. Probabilmente la cosa migliore è stata: ‘Onecoin, potrebbe diventare il killer di Bitcoin’. Devo dire che mi piace”

Questo ciò che diceva Ruja al pubblico in delirio. Illusi di essere una famiglia, illusi che si sarebbero arricchiti facilmente, in tanti vollero unirsi alla “rivoluzione finanziaria”. 

La crescita esplosiva di OneCoin, unita al mancato e sempre rinviato lancio della criptovaluta, portarono su OneCoin le attenzioni delle autorità. Perché in realtà, l’unico modo per arricchirsi con OneCoin era quello di vendere pacchetti ad altre persone e reclutare nuovi investitori.

Su questo sistema in breve tempo posarono gli occhi le autorità regolamentari. L’anno cruciale è il 2017, quando la BaFin tedesca impone la cessazione delle attività legate a OneCoin in quanto le società OneCoin e OneLife non avevano adeguate licenze per commerciare strumenti finanziari. Già prima si era espressa l’autorità del Belgio, che nello stesso periodo aveva avvertito i consumatori dei rischi di un investimento in OneCoin. Stesso warning arrivò a stretto giro anche dalla FCA Inglese.

Anche l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato italiana arrivò a multare OneCoin e OneLife per pratiche scorrette. 

Ciò nonostante OneCoin continuò a raccogliere soldi e a venerare la creatrice della società, Ruja Ignatova. Che in un misterioso giorno di ottobre 2017, scompare.

Ruja Ignatova

Dr. Ruja è la mente dietro OneCoin. Affascinante, carismatica, colta, è la star di questa storia. Nelle sue apparizioni era sempre estremamente curata, con l’immancabile rossetto rosso. Laureata in diritto privato, di sé diceva che aveva anche studiato ad Oxford.

Le sue tracce si perdono ad ottobre 2017. Attesa ad un evento OneCoin a Lisbona, Ruja non arrivò mai.

Le teorie sulla sua scomparsa sono molteplici. La prima ipotesi è che sia stata rapita, perché il suo progetto prometteva di stroncare la finanza tradizionale. La seconda ipotesi è che sia sparita perché voleva sparire. Secondo alcuni, ormai OneCoin era diventato troppo grande per essere gestito.

Una ricostruzione sulla vita, gli affari e la scomparsa di Ruja Ignatova possono essere trovati nel documentario della BBC The Missing CryptoQueen. In questo podcast si ipotizza che Ruja abbia completamente cambiato il suo aspetto con la chirurgia estetica. E che sarebbe in Germania.

L’arresto di Konstantin Ignatova

Con la scomparsa di Ruja Ignatova il business di OneCoin non si è fermato. A gestirlo ci ha pensato suo fratello ed ex guardia del corpo Konstantin Ignatova. Ma il 6 marzo 2019 è stato arrestato all’aeroporto di Los Angeles, dove stava per imbarcarsi su un volo diretto in Bulgaria al termine di un evento OneCoin.

Accusato di truffa, rischia fino a 20 anni di carcere. La sentenza è ancora da emettere.

Con il suo arresto l’epopea di OneCoin di fatto arriva ad un punto morto. Dopo le multe, il divieto di operare, i sequestri, i siti chiusi, e la definizione di scam del secolo, OneCoin ha probabilmente finito di illudere i suoi investitori. Non ci sarà nessuna rivoluzione finanziaria, a discapito di chi ci ha creduto. 

OneCoin non è riuscito ad uccidere Bitcoin, che invece continua il suo lento percorso verso l’adozione di massa.

La vicenda però conferma una cosa: diffidare sempre di chi promette facili guadagni con il minimo investimento. E studiare sempre gli investimenti prima di affidargli i propri soldi, o peggio ancora, i propri risparmi.

31 Dicembre 2016

ARRIVATO L’ AMEN PER LA TRUFFA ONECOINItaly Suspends Onecoin’s Activities Declaring Them a Pyramid Scam

Italy Suspends Onecoin’s Activities Declaring Them a Pyramid Scam

Cari avvocati  Strata, Principe & Partners via Cosenza 8 – 00161 Roma non avevo dubbi su quale fosse il miglior uso per la vostra lettera di diffida…indovinate?

29 Novembre 2016

Cominciano le grane giudiziarie….

Belgio: indagine penale su OneCoin!

Denuncia penale contro Laurent Louis, ex deputato belga e grande promotore di Onecoin in Belgio.


Laurent Louis a un meeting Onecoin

http://www.mlmzoom.it/news/indagine-penale-truffa-onecoin

17 Novembre 2016

Fine di un Ponzi scheme…

http://truffacoin.com/one-coin-si-chiude

16 Novembre 2016

Titoli di coda per la truffa Onecoin:

OneCoin perde il suo ultimo conto bancario in Africa

3 Ottobre 2016

Le autorità finanziare del Regno Unito emettono un avvertenza su OneCoin

15 Luglio 2016

OneCoin allarme lanciato dalle autorità FSMA del Belgio

13 Aprile 2016

OneCoin nel mirino del ministero del lavoro Austriaco

Craig Wright NON è Satoshi Nakamoto – Ecco perchè.

Partiamo dalla notizia fresca di ieri data dai media internazionali, ma anche da quelli nazionali (persino RAI 3 TG Leonardo!) secondo cui l’imprenditore australiano Craig Wright ha fatto outing “dimostrando” di essere l’inventore del Bitcoin, il famoso e inafferrabile  SATOSHI NAKAMOTO. Quale possa essere l’interesse di rivelarsi al mondo dopo essersi nascosto con successo per ben 6 anni e mezzo, è ancora imperscrutabile, visto anche che gli sarebbe attribuibile una ricchezza di circa 450 milioni di dollari USA se, come è credibile,  Satoshi ha facilmente “minato” e tenuto per se almeno il primo milione di bitcoin creati. Personalmente non credo affatto che questo signore australiano sia il nostro uomo, sebbene autorevoli figure del mondo del Bitcoin come Gavin Andresen abbiano pubblicamente affermato di credergli. Ma andiamo con ordine cominciando con l’articolo di Wired di stamattina per poi rivelare quali trucchi può aver usato Craig Wright per dimostrare ciò che non è… Soprattutto, ciò che mi lascia perplesso, è che dimostrare di essere Satoshi è abbastanza semplice: gli basterebbe inviare una piccola frazione di quei primi tracciabilissimi bitcoin minati da Satoshi  a un qualsiasi wallet su richiesta. Cosa che ancora mr Wright non ha voluto fare….

BUONA LETTURA!!

gavrilo

wired

Bitcoin, l’australiano Craig Wright dice di essere l’inventore

Dopo anni di speculazioni, l’australiano Wright si identifica come Satoshi Nakamoto, ma restano i dubbi

(foto: drcraigwright.net)

(foto: drcraigwright.net)

Dopo anni di speculazioni sull’identità del creatore della criptomoneta bitcoin, noto da sempre come Satoshi Nakamoto, sembra arrivata la svolta: l’imprenditore e informatico australiano Craig Steven Wright, chiamato in causa già nel 2015 da Wired e da Gizmodo, si è identificato come il creatore della valuta, pur riconoscendo il contributo di altri all’operazione.

Le rivelazioni di Wright, pubblicate in un post, sono state poi confermate alla Bbc, all’Economist e a Gq. Secondo quanto scrive la Bbc, altri membri di spicco della comunità di bitcoin hanno confermato le affermazioni e in un confronto con la testata, Wright ha firmato digitalmente dei messaggi usando dei codici crittografati creati durante i primi giorni dello sviluppo della criptomoneta.

Più cauto appare invece l’Economist, secondo cui Wright potrebbe essere “il signor Nakamoto, ma permangono pesanti domande” date dall’impossibilità di provare i fatti oltre “ogni ragionevole dubbio”. Detto con le parole del magazine britannico, se il dna basta per la paternità di un bambino, in questo caso le cose non sono così semplici. L’Economist si chiede anche cosa sia cambiato rispetto a qualche mese fa, quando Wright non aveva ribattuto alle prime speculazioni sul suo conto e scrive che i fatti che seguiranno potranno in parte confortare le odierne rivelazioni, oltre a riaprire il dibattito interno alla comunità della moneta, divenuta col tempo “più grande dello stesso Mr Nakamoto”.

In un’intervista alla Bbc, l’imprenditore australiano afferma di essere stato di fatto la mente dell’operazione, ma di essere stato aiutato anche da altri. Una scelta, quella di uscire alla scoperto, fatta non per la fama o per particolari secondi fini ma per tutelare la privacy di quanti gli sono vicini e “per essere lasciato in pace”.

Ecco invece su github la verifica (FALLITA) alle prove fornite da Wright di essere Satoshi Nakamoto:

Tentativo (Fallito) di Verifica della Firma (Crittografica) di Craig Wright

Craig Wright sostiene di essere Satoshi, il creatore pseudonimo di Bitcoin..

Egli sostiene che la prova di ciò è una firma crittografica. Questo  complica le cose:

1) Una certa  ben conosciuta transazione, la prima in Bitcoin, fu quella tra Satoshi e Hal Finney. Consideriamo la provenienza di tale operazione come una questione certa.

2) Chiunque controlla la chiave privata corrispondente sia all’ input address o il change address di tale operazione è presumibilmente associato a Satoshi.

3) Craig sostiene di poter firmare un messaggio arbitrario con la private  key corrispondente al input address, 12cbQLTFMXRnSzktFkuoG3eHoMeFtpTu3S

4) Craig sostiene di aver firmato un messaggio su Sartre.

La Parte Che Attualmente Funziona

Craig è in grado di passare con successo da un indirizzo Bitcoin alla chiave pubblica associata ad esso, e noi anche!

Ecco i passaggi, con la loro esecuzione pratica passo dopo passo.

Possiamo vedere, tramite la chiave pubblica input fornita da Wright (trascritta nel  file da lui elaborato public_key.txt), che essa corrisponde all’indirizzo 12cbQLTF che ha inviato i bitcoin a  Finney .

La Parte Che non Funziona

Rivediamo la cosiddetta firma crittografica.

Per controllare la Public/Private Crypto 101, devi firmarla con la private key. Uno la verifica con la public key.

Noi non possediamo la chiave privata di Satoshi. Possediamo una chiave pubblica presumibilmente appartenente a lui . Possediamo anche un pacco di bytes da Wright, che egli sostiene firmi il testo di Sartre.

Dapprima generiamo la firma che Wright ci ha messo a disposizione MEUCIQDBKn1Uly8m0UyzETObUSL4wYdBfd4ejvtoQfVcNCIK4AIgZmMsXNQWHvo6KDd2Tu6euEl1 3VTC3ihl6XUlhcU+fM4= per noi, che è trascritta nel signature.der in questa sorgente.

Poi usiamo un benedetto comando  di Wright per trasformare la firma in una forma con cui ci si possa lavorare.

  # Base64 decode the signature into ASN1 form.
  $ base64 --decode signature.der > sig.asn1

Abbiamo la public key, abbiamo la firma , adesso abbiamo solo bisogno del testo con cui la firma sostiene di corrispondere. Dan Kaminsky ha generosamente transcritto l’ hash del testo, che Wright sostiene corrisponda alla firma. Ho incluso l’ hash come sn7-message.txt.  Si può verificare che esso corrisponde con l’hash di Wright.

  # Verify signature of hash file.
  hexdump sn7-message.txt

  # You'll have to visually compare this against Wright's screenshots, but it matches.
  # If this sounds *fishy* to you, well, you're right.  Also fishy: making people hand-edit hex values
  # to verify trivial parts of this evidence chain.

(Psst, ecco dove avviene la magia.)

E adesso cerchiamo di validare il messaggio utilizzando le regole del Ruby’s OpenSSL .

  ruby verification.rb sn7-message.txt

Ispezionate liberamente il codice e ditemi se non ho capito bene le regole, ma io penso di si.

L’hash del messaggio fallisce la convalida della firma. A questo punto non sappiamo se  la firma sia qualcosa di diverso da bytes casuali.

Rivelazione: Non Sono Bytes a Caso

la firma fornita non è la firma di alcun testo di Sartre. E’ attualmente solo un cumulo di bytes già preso dalla blockchain, come  scoperto da /u/JoukeH su /r/Bitcoin.

** Pubblicato un po’ dopo:**

Ryan Castelluci ha fatto un po’ di lavoro noioso per vedere come lo scriptSig che Wright ha ri-usato corrisponda a una transazione già sulla blockchain, a livello di verifica della transazione. Così è come apparentemente Wright ha costruito la firma (dal scriptSig pubblicato).

Non sono interamente sicuro del perchè ho fallito la sua validazione e se essa possa essere validata—probabilmente a causa di una versione mista di OpenSSL, come ha riportato Dan Kaminsky .

Mi Fa Mal La Testa. Che Significa?

Il post di Wright è un senza senso che resiste solo a pochi minuti di scrutinio con il cursore e dimostra la sua competenza di amministratore di sistema con familiarità con strumenti crittografici, ma che in ultima analisi non dimostra alcuna informazione su Satoshi che non sia già pubblica.

Credete Che Wright Sia Satoshi?

Ma assieme al riconoscimento ricevuto dal core developer Gavin Andresen,  io propenderei al fatto che   Wright ha usato tattiche da mago dilettante per distrarre lo staff non tecnico e incompetente della  BBC e dell’ Economist durante una dimostrazione appositamente gestita. Sono ragionevolmente convinto che avrei potuto vendere la stessa storia con circa due ore di preparazione. I non-esperti non gli hanno chiesto cose che sarebbe stato difficile fornire da un non-Satoshi —  erano alla mercè del ciarlatano  (citando James Randi).

Ma sono sconcertato di come abbia convinto Andresen.

L’intero procedimento per la verifica è sospetto: non dovrei chiedere al presunto Satoshi di fare una serie di operazioni sotto il mio controllo sul suo computer o su quello di un altro. Dovresti semplicemente dargli un messaggio arbitrario  (es. “Io, Wright, sono Satoshi — o, ecco un annuncio casuale: 4203234.”), farglielo firmare e farti trasferire la firma, così verifichi la firma sulla tua  macchina  contro la chiave pubblica che tu credi appartenga a Satoshi .

Una delle poche cose che Bitcoin significativamente ha compiuto come  ecosistema è un repository leggibile a livello mondiale di chiavi ragionevolmente ben attestate.  Perchè questa dimostrazione è così difficile? E’ un esercizio banale per il vero Satoshi (o chiunque possiede la sua chiave privata) ma quasi impossibile per chiunque altro. (Un’alternativa accettabile sarebbe stato spostare qualsiasi frazione di Bitcoin da quella stessa stringa in uscita verso ovunque, a comando,  ma ci sono alcune  convincenti ragioni che ciò sarebbe stato perlomeno imprudente.)

Prima Abbiamo Parlato di Magia, per Due Volte

Già. La magia è rimpiazzare il messaggio che riteniamo firmato (il testo Sartre) con un altro messaggio. L’hash che sta per essere firmato, non è stato calcolato dal testo di Sartre , come è possibile onestamente  verificare prendendosi un oretta per convincere il testo di Sartre e lo SHA256 a rivelarti i loro segreti. Wright conferisce solamente l’hash, e se tu non ti prendi briga di verificarlo, non vedi se lui lo ha sostituito con un altro che già ha una firma che gli corrisponde. Per avere tutti i dettagli, leggi lo scritto di  Ryan e la struttura delle transazioni in Bitcoin.

https://avatars3.githubusercontent.com/u/32929?v=3&s=400
Patrick McKenzie
patio11

Il boom del Bitcoin risveglia la provincia tranquilla – 03/08/2015

Mvbtc1

Prima domenica di agosto. Udine è deserta, la gente è in spiaggia o a prendere un po’ di fresco in montagna. Una giornata tutt’altro che ideale per la povera cronista di turno in servizio di redazione al Messaggero Veneto di viale Palmanova . E’ quasi arrivata in sede del quotidiano locale pensando all’ennesima giornata persa alla tintarella e alla necessità di cavare un articolo per riempire le pagine del quotidiano che uscirà lunedi (oggi) .  Distrattamente, nota passando quella scritta arancione e nera : Bitcoin, your future now… In un anno e mezzo (dal 20 febbraio 2014) non se ne era mai accorta nonostante fosse estremamente visibile su una vetrina da 7×3 mt a poche centinaia di metri dalla redazione e ci fosse passata, lei come tutti i suoi colleghi, centinaia di volte davanti  ma,  ricordando un articolo su mercato nero-bitcoin solo del giorno prima, improvvisamente si accende la lampadina! Tempo di sedersi al pc, googolare un po’ per trovare le informazioni necessarie et voilà, l’articolo è fatto, anzi toh ! un’ intera pagina e senza neanche muoversi dalla sedia o usare il telefono (a che serve la verifica delle fonti, ormai c’è già tutto pronto in Rete!).

Il bello è che Luana ( si chiama così la cronista) non sbaglia un colpo, nessuno strafalcione, nessuna inesattezza o bufala come spesso il Messaggero Veneto è abituato a pubblicare e mai a smentire. Insomma una pagina intera del quotidiano con qualche foto, equilibrata, con le informazioni giuste e corrette i pro e i contro della criptovaluta, ma soprattutto abbastanza comprensibile per i lettori poco avezzi alla tecnologia. Tutto insomma da far mordere le dita di invidia a molti dei suoi colleghi qui, presso il piccolo quotidiano locale, come quelli più accreditati delle testate nazionali ed internazionali che di topiche dal 2009 in qua ne hanno prese non poche sull’argomento. Brava Luana! Ci è voluto un anno e mezzo per scoprire di avere la notizia sulla porta di casa, anche dopo vari articoli già scritti sull’argomento. Ma l’importante è dare la notizia, sollecitare e soddisfare la curiosità, fosse anche solo per riempire una pagina del quotidiano in una domenica d’estate in cui non succedeva nulla che valesse la pena di pubblicare…

 Di seguito l’articolo di Luana De Francisco per il Messaggero Veneto…

P.S.  La mia è una ricostruzione scherzosa e di fantasia di come possano essere nati gli articoli pubblicati oggi su MV e nulla vuole togliere alla professionalità della cronista o alla veridicità degli articoli riportati dal quotidiano del gruppo Espresso-La Repubblica

MVbtc

Anche i magistrati devono pagare il riscatto in Bitcoin – Cryptolocker

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Questo post non intende avvallare o sostenere in nessun modo l’ azione criminale dei pirati informatici che diffondono il virus Cript0L0cker, ma si limita a costatare e sottolineare la disinformazione che certe testate giornalistiche (Messaggero Veneto appartiene al gruppo Repubblica – Espresso) fanno sull’ argomento Bitcoin. Gli  ignoranti come costoro, se non hanno intenzione di dare le corrette informazioni, potrebbero almeno tacere.

LE BUFALE DEL MESSAGGERO VENETO – Parte seconda – 12 giugno 2015
1. Il Bitcoin attualmente vale tra i 200 e i 230€ . Anche volendolo comprare dal BTM (bitcoin bancomat) di viale Palmanova, a poche centinaia di metri dalla loro redazione, il prezzo, compresa la commissione, non supera questa cifra. Basterebbe farci un salto e magari parlare con il sottoscritto per verificare le fonti come dovrebbe fare ogni giornalista ed ogni quotidiano che si rispetti…
2. Non c’è rimedio al Cript0L0cker, il riscatto richiesto in Bitcoin va pagato nei tempi e con le procedure indicate , altrimenti si rischia di non decriptare più i dati infettati dal virus. Se i tempi e la procedura di pagamento in BTC vengono rispettati, i dati vengono SEMPRE recuperati tutti. Quindi conviene sì fare attenzione a non infettare il pc, ma una volta fatto il danno, conviene pagare, a meno che non si abbia un backup completo e recente di tutti i dati. Ma naturalmente questo non ve lo potrá mai dire la Polizia Postale perchè significa ammettere di non poter contrastare in alcun modo un reato. Meglio fare quindi falsa informazione e terrorismo mediatico che indicare l unico rimedio possibile. E chi meglio del MV può prestarsi a scrivere simili idiozie?
3. Il Cript0L0cker non è un virus trojan, un cavallo di troia, non agisce permettendo agli hacker di controllare il vostro pc, ma semplicemente avvia la procedura di criptazione progressiva di tutti i dati del pc infetto utilizzando la chiave di criptazione generata da un server remoto, quindi impossibile da decifrare se non con la chiave di sblocco giusta che appunto si ottiene pagando con la moneta + anonima in circolazione. Il Bitcoin appunto, con buona pace di giudici, polizia postale e Messaggero Veneto.
Conoscere il Bitcoin e quanto sia positivo e potente strumento di libertà è comunque molto + semplice ed istruttivo di demonizzarlo con articoli imbecilli come questi.

GAVRILO

Fuori dall’ Euro : Bufala (greca) o Pesce (d’aprile) purchè sia Bitcoin – La Repubblica 01 aprile 2015

Fuori dall’Euro : Bufala (greca) o Pesce (d’aprile) purchè sia Bitcoin

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Riporto di seguito la notizia lanciata da Repubblica, quotidiano noto e accreditato in Italia per le clamorose bufale che pubblica con una frequenza pressochè continua. E’ la testata ufficiale del PD infatti, la prima a pubblicare la notizia per cui il ministro ellenico dell’economia, Yanis Varoufakis, abbia deciso stamane di abbandonare l’euro per il bitcoin, tranne poi sottolineare che trattavasi di pesce d’aprile. Che Varoufakis fosse amico delle Bitcoin già si sapeva, viste anche recenti e molto serie ipotesi e seguenti interviste su una criptomoneta ellenica basata sul bitcoin e sulla blockchain , ma di fatto controllata dallo Stato greco, come toccasana per la grave crisi in cui versa il paese. Il pesce d’aprile odierno però pare qualcosa di più di una semplice burla all’indirizzo dei tedeschi e dell’Europa delle banche  e anche nella sua elaborazione si può intuire che un pensierino Varoufakis lo sta facendo seriamente sul Bitcoin.  Altro che “Pinocchio” Renzi e quei “pallonari” di Repubblica!
Buona lettura
Gavrilo

“Grecia fuori dall’euro, scegliamo il Bitcoin”. Il pesce d’aprile di Varoufakis

Il ministro delle Finanze ellenico ha rilanciato sul suo profilo un pezzo di Greekreporter che inscena la clamorosa decisione del governo di Atene. Nella fanta-ricostruzione, la scelta per la criptomoneta legata alla volontà di sfuggire ai diktat della Troika.

di ETTORE LIVINI

MILANO – “Basta, non ne possiamo più. Da domani la Grecia uscirà dall’euro e adotterà come valuta la Bitcoin. Soffriremo un po’ all’inizio, ma poi la nostra economia avrà solo da trarne giovamento”. Parola di Yanis Varoufakis, il ministro delle finanze di Atene. Che questo pomeriggio alle 14.29 ha twittato al pianeta la clamorosa decisione del suo paese, messo alle corde da uno sfibrante e interminabile confronto con l’ex Troika che – ormai è chiaro a tutti – non si chiuderà nemmeno per Pasqua. L’ora però non è l’unica cosa che conta. Più importante, se possibile, è la data: primo aprile. Ricorrenza che l’ecclettico economista prestato alla politica ha festeggiato facendo rimbalzare sui social planetari la “bufala” rimandata in rete dal sito Greekreporter. “Buon primo aprile a tutti” ha chiosato divertito Varoufakis sul suo profilo.

Il pezzo – introdotto da un emblematico disegno in cui il potentissimo ministro ellenico regge in mano come un’ostia una nuova moneta dell’era Bitcoin – è prodigo di particolari sulla storica decisione: l’annuncio è stato fatto durante “un incontro super-riservato tra gli ambienti più vicini al ministro”.

“Siamo sempre stati avanti rispetto al resto del mondo – avrebbe detto in questo fanta-summit lui stesso –. Il futuro inizia da qui e per una volta l’avremo deciso noi senza che nessuno ci abbia imposto la scelta”. Critica nemmeno troppo velata al governo Samaras, reo di essersi fatto dettare l’agenda economica dai creditori.

L’architettura della transizione alla Bitcoin, come ci si aspetta da un professore universitario di economia, è curata nei dettagli. La criptovaluta sarà introdotta garantendo a tutti i greci una carta con chip su cui caricare stipendi e pensioni. I turisti potranno acquistarla a tutte le frontiere al prezzo di favore di 45 euro (0,2 Bitcoin). Il premier Alexis Tsipras, continua lo scoop di Greekreporter, sarebbe stato inizialmente tiepido sull’iniziativa, forse perché meno digitalizzato di Varoufakis. Alla fine però non ha potuto dire di no. “E’ il metodo migliore per combattere corruzione ed evasione – l’ha convinto il suo braccio destro – lo Stato potrà così monitorare ogni singola transazione”.

La decisione sarebbe stata accelerata dagli ennesimi commenti al vetriolo di Wolfgang Schaeuble sull’economia ellenica, dice Greekreporter. “Vogliono piegarci – dice lo pseudo Varoufakis nel pezzo – dicono che non abbiamo idea di come salvarci. Bene, eccoli serviti. Il Bitcoin è la soluzione per il nostro futuro”. Il prossimo eurogruppo per discutere di Grecia – chiude il sito – è previsto tra due settimane. Nel frattempo ci si può sedere a tavola. Il pesce (d’aprile) è servito, per gentile concessione di Yanis Varoufakis.

(fonte Repubblica)

Se il Friuli torna alla Lira, l’hacker si fa pagare in Bitcoin con il CryptoLocker- Messaggero Veneto 27/03/2015

CryptoLocker, l’hacker si fa pagare in Bitcoin

Sarebbe una notizia che rientra nella norma e passa pressochè inosservata, quella della titolare di un noto ristorante della zona di Udine che per sua sbadataggine, si fa infettare il computer dall’ormai conosciutissimo virus CryptoLocker, (ne parlarono anche a Striscia la Notizia alcuni mesi fa).

Il virus CryptoLocker è la derivazione di un  worm noto ormai da diversi anni ( 2008) il Gpcode.AK, che agisce criptando i dati della vittima e richiedendo poi un pagamento per la decriptazione. CryptoLocker generalmente si diffonde come allegato di posta elettronica apparentemente lecito e inoffensivo che sembra provenire da istituzioni legittime, si installa nella cartella Documents and Settings (o “Users”, nei sistemi operativi Windows più recenti) con un nome casuale e aggiunge una chiave al registro che lo mette in avvio automatico. Successivamente tenta di connettersi a uno dei server di comando e controllo, una volta connesso il server genera una chiave RSA a 2048 bit, manda la chiave pubblica al computer infetto.  Il malware quindi inizia a cifrare i file del disco rigido con la chiave pubblica, e salva ogni file cifrato in una chiave di registro. Il processo cifra solo dati con alcune estensioni, tra queste: Microsoft Office, Open document e altri documenti, immagini e file di Autocad. Il software quindi informa l’utente di aver cifrato i file e richiede un pagamento anonimo per decifrare i file. Il pagamento deve essere eseguito in 72 o 100 ore, o altrimenti la chiave privata viene cancellata definitivamente e “mai nessuno potrà ripristinare i file”. Il pagamento del riscatto consente all’utente di scaricare un software di decifratura con la chiave privata dell’utente già precaricata. (fonti Wikipedia).

Nulla di eccezionale quindi, se non fosse che l’hacker ha trovato nel Bitcoin, la miglior valuta per farsi pagare anonimamente il riscatto.

E’ questo il motivo per cui i titolari del noto ristorante udinese hanno fatto visita, come riporta l’articolo del giornale locale, al “centro Bitcoin” di viale Palmanova a Udine, sede del primo “bancomat” Bitcoin istallato in Italia (il terzo istallato in Europa a quei tempi…).Se i titolari abbiano o meno usufruito dei servizi di cambio-valute di quel “centro Bitcoin” in cui si sono recati ed abbiano poi pagato il riscatto contrariamente a quanto affermato nell’intervista, non sta certo a noi svelarlo, ma non si può non rilevare che il Friuli è tornato all’utilizzo della vecchia Lira abbandonando l’Euro. Il Messaggero Veneto infatti, nel suo articolo che riproponiamo in foto qui sotto, afferma che il riscatto per decrittare i dati del pc infetto ammonti a 0,8 BTC pari a 240 mila lire!!!

Sarà forse questo il motivo per cui l’hacker a preferito farsi pagare in Bitcoins??    lol 🙂

Al di là degli scherzi e delle “sviste valutarie”, notiamo anche come in pochissime righe, l’autore dell’articolo, il giornalista Renato D’Argenio, abbia saputo dare le informazioni minime e necessarie sul Bitcoin al largo pubblico dei lettori locali ancora ignari della rivoluzione delle criptovalute e di ciò gliene va senz’altro reso merito.

cryptolocker MVbitcoin

Blockchain Watch: Il bugiardino del Bitcoin – Bitcoin Foundation Italia 20/03/2015

Bitcoin Foundation Italia – Il bugiardino del Bitcoin

Da tempo vado dicendo e scrivendo che gli enormi ed ovvi interessi delle lobby economiche e finanziarie mondiali osservano con diffidenza uno strumento di libertà come il Bitcoin, quando peggio, accortisi di non poterci mettere le grinfie sopra, utilizzano qualsiasi mezzo, in primis i media dell’informazione tradizionale (giornali e televisione), per dare notizie completamente fuorvianti sul fenomeno dirompente delle criptovalute e fare del sano (per loro) terrorismo mediatico.
Visto i tristi primati dell’Italia in questo settore e la qualità infima dei pennivendoli (“giornalisti”) nostrani, anche la Fondazione italiana Bitcoin, unico organo apolitico e super partes di esperti e appassionati di questo settore nel BelPaese, ha voluto segnalare ed istituire un premio per le CAZZATE più grossolane pubblicate sull’argomento. E naturalmente c’era da aspettarselo, La Repubblica ed il gruppo Espresso sono in corsa per il primo posto. Di seguito riporto il primo comunicato della Fondation ricordando a tutti e non solo ai suddetti “giornalisti”, ma anche ai lettori, di informarsi, informarsi ed informarsi, controllando ferocemente le fonti, se vogliono addentrarsi nel complesso mondo delle criptovalute. Ho aperto perciò un’apposita sezione nelle CATEGORIE del blog e controllerò e riporterò il seguito dell’istituito “Bugiardino Bitcoin”, premurandomi di segnalare altre “perle di saggezza” qualora non si volesse proseguire con questo sacrosanto strumento di controllo della malainformazione.
Buona lettura.
GAVRILO

Il bugiardino del Bitcoin – Prima dell'[ab]uso leggere le avvertenze (per giornalisti)

Ormai chi segue il mondo del Bitcoin è abituato a leggere “imprecisioni”, più o meno malevole, riguardo a questa tecnologia.
C’è già stata un’occasione in cui ci eravamo interessati a trattare un esempio di disinformazione oltre ogni aspettativa:
Gli esperti informatici di Michele Di Salvo

In generale ci si aspetterebbe, ingenuamente, che il giornalista faccia prima un lavoro di ricerca, per poi successivamente preparare il testo (o registrazione) di quanto avesse appurato.
Questo nell’interesse ultimo di fornire un informazione corretta e trasparente al lettore. L’intento dovrebbe essere quello di arricchire il lettore, e in cambio ottenerne un ritorno, che sia economico o in termini d’immagine. Nella realtà, capita sempre meno spesso che sia cosi.

I motivi possono essere molteplici, e forse in Italia per aspetti culturali e politici la cosa può aggravarsi ulteriormente.
Considerata poi la complessità iniziale nell’accedere e comprendere la tecnologia Bitcoin e delle crittovalute, la probabilità che questo capiti si eleva all’ennesima. Non sarebbe in fondo questo gran male, e potrebbe addirittura essere trascurabile, solo non fosse che nell’incentrare energie sul disinformare, si finisce anche col non informare, lasciando l’utente in balia del nulla. Quali sono le peculiarità del Bitcoin, a cosa bisogna prestare la maggiore attenzione, quali sono i rischi effettivi? Purtroppo informazioni come queste non traspaiono quasi mai dagli scritti di chi si occupa in modo superficiale del Bitcoin, e in fondo viene reso al consumatore tutto fuorché un servizio. Se non addirittura un danno.

Certe occasioni ci sembrano però fin troppo estreme per sembrare occasionali sviste, risultato di semplice ignoranza in materia. A volte, quando va bene, è solo menefreghismo. In altre occasioni è palese malafede.


Repubblica

Questa settimana ci siamo ritrovati con questo titolo su Repubblica.it: “Bitcoin chiede il fallimento controllato”
Il contenuto riportava quanto segue:
“NEWYORK – La società internazionale che ha varato i Bitcoin, la moneta virtuale, ha chiesto di accedere alla procedura di fallimento controllato, depositando i registri contabili presso il tribunale fallimentare di Manhattan. La multinazionale ha debiti per oltre 300 mila dollari che non può coprire.”

Davvero difficile da commentare, per la sua superficialità.

E’ possibile vedere l’originale, in uno screenshot effettuato da un utente del forum: http://postimg.org/image/ogo8z6xrn

L’articolo è rimasto cosi per diverso tempo, almeno quanto basta per vederlo segnalato su tutti i vari social, e riportato anche dai vari siti clonatori a caccia di facili visite.
Qualcuno deve aver fatto notare l’errore immenso, e dunque si è pensato di cambiarlo, con questo risultato:

“NEW YORK -Una società americana che utilizza i Bitcoin, la moneta virtuale, ha chiesto di accedere alla procedura di fallimento controllato, depositando i registri contabili presso il tribunale fallimentare di Manhattan. La società ha debiti per oltre 300 mila dollari che non può coprire. E’ uno dei primi segnali di una possibile crisi più generale della moneta virtuale.”
http://www.repubblica.it/economia/2015/03/17/news/bitcoin_chiede_il_fallimento_controllato-109695193/

Quindi, una società americana, non si sa quale, dedicata al Bitcoin, è fallita. E’ un servizio reso al consumatore, questo? E’ un’informazione di qualità?

Cosa si penserebbe di un articolo che inizia cosi senza dare altre informazioni?
“Una società americana che utilizza la posta elettronica…”

La chiusura poi, “E’ uno dei primi segnali…”.

Quindi ok, l’autore deve aver intuito di averla scritta troppo grossa. (non sapendo poi di cosa stesse parlando)
Ma comunque quello che sembra essere il fine ultimo, permane, ovvero cercare di mettere in cattiva luce la situazione del Bitcoin, senza fare alcun servizio d’informazione.

Tanto per andare nel dettaglio di questa singola notizia, qui trovate informazioni più approfondite:
http://www.coindesk.com/world-bitcoin-association-files-for-bankruptcy-amid-landlord-legal-fight/

Sembra che il tutto sia legato ad una controversia con il proprietario della residenza della società, la situazione è ancora in evoluzione.
Per quanto ci riguarda, è poi la prima volta che sentiamo parlare di questa società, e siamo abbastanza immersi nell’ambiente.


Wallstreet Italia

http://www.wallstreetitalia.com/article/1807128/restrizioni-pagamenti-cash-in-italia-e-francia-sanciranno-la-fine-del-bitcoin.aspx

Qui non abbiamo dubbi, si tratta di totale ignoranza e malafede.
Chi ha scritto questo articolo (un certo DaC) non ne ha un idea di politiche economiche o di Bitcoin (o probabilmente, è a digiuno di entrambi).

Titolo:
“Restrizioni pagamenti cash sanciranno la fine del Bitcoin”
Dopo ben 48 volte (ora che scriviamo), il Bitcoin è giunto alla sua fine (ancora!)

Basta prendere le seguenti frasi per capire quanto di vuoto ci sia, in realtà, nell’articolo pubblicato:
“Il passo successivo sarà quello di rendere obbligatori i pagamenti con carte di credito e monete digitali, come il Bitcoin.”

Dunque renderanno obbligatorio l’uso del Bitcoin? Per noi amanti della libertà di scelta, obbligare l’uso del Bitcoin non sarebbe comunque qualcosa di auspicabile, ma a decretarne l’obbligo, insomma, se ne può annunciare davvero tutto fuorché la morte. Ma proseguiamo… “L’unico motivo per cui il Bitcoin è ancora sopravvissuto in un tale contesto avverso è che la Federal Reserve americana vuole studiare l’andamento e i risultati ottenuti dalle monete virtuali.”
Qui diventa difficile, questa frase si basa sul precedente assunto errato, quindi già non può stare in piedi, ma anche fosse, sta dicendo che sostanzialmente la sopravvivenza del Bitcoin sia legala ad una grazia da parte della FED.

E come dovrebbe agire, la FED, in tal senso? Mettere in carcere il famoso Bitcoin CEO?

Seriamente, andiamo avanti per trovare l’apice, a dimostrazione di non averne proprio un’idea:
“Quando la banca centrale dell’economia maggiore al mondo deciderà di dare il la alla nuova era dei pagamenti elettronici obbligatori per tutti, il Bitcoin non varrà più nulla. “

Nel caso succedesse questa “catastrofica” situazione, l’unica via per avere delle transazioni dove si può avere una maggiore privacy, l’unica via per poter essere sicuri di non avere un conto bloccabile o limitabile da terze parti, l’unica via per poter far transitare grandi quantità di valori da un capo all’altro del mondo, senza pagare praticamente nulla (evitando i vari intermediari), …sembrerebbe invece proprio essere la via del Bitcoin.
Limitare o addirittura eliminare contante e obbligare tutti all’uso di mezzi di trasmissione digitali, tracciabili e controllabili, sarebbe ciò che farebbe, con ogni probabilità, letteralmente esplodere il valore del Bitcoin.

Incompetenza certificata.


Ultimo di questa strigliata, comunque non ai livelli precedenti:
“Basti citare che nel 2013 la Repubblica di Cipro ha scelto il bitcoin come “valuta rifugio”, mentre a partire da qualche anno fornitori di prodotti e servizi del calibro di Amazon o Miscrosoft accettano ufficialmente pagamenti in bitcoin.”
https://www.securitysummit.it/milano-2015/atelier-tecnologici/talk-160/

Siamo spiacenti, ma la Repubblica di Cipro non ha mai scelto il Bitcoin come “valuta rifugio”, Amazon non ha mai accettato Bitcoin come mezzo di pagamento fino ad ora, e pur non conoscendo questa “Miscrosoft”, e dunque può essere che sia vero, ci risulta che un’altra azienda con il nome simile, tale Microsoft, si, accetti Bitcoin quale metodo di pagamento.

Non è detto che siano stati Giovanni Schmid e Pasquale Forte a preparare questa presentazione, ma nel caso, questo maldestro tentativo di attirare l’attenzione spingendo sull’ “appello all’autorità” non fa presagire niente di buono sulla preparazione ed esposizione di questo incontro.

AWARD annuale della NOTIZIA spazzatura – 2015 – [montepremi in attesa di ritiro]
La comunità Bitcoin italiana dall’anno scorso ha lanciato un’iniziativa.
Trovare e votare la peggiori notizie e premiare gli autori, potete trovare la discussione sul forum ufficiale:
https://bitcointalk.org/index.php?topic=500555.0;all