E’ l’ Italia la prima nazione che si mette a normare su criptovalute e cambiavalute, anticipando le disposizioni della proposta di modifica della IV Direttiva europea — che passerà attraverso una discussione plenaria non prima della fine di ottobre 2017. La IV Direttiva antiriciclaggio (Direttiva UE 2015/859) è stata infatti introdotta in Italia con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale Italiana del Decreto Legislativo 25 maggio 2017, n. 90 (G.U. n. 140 del 19 giugno 2017) con la riscrittura totale del Decreto Legislativo 231/2007 ed entrata in vigore proprio in questi giorni, il 4 luglio 2017. Come al solito un bel pasticcio all’italiana in cui si accomunano i linden dollars di Second Life alle criptovalute decentralizzate e trustless come bitcoin e altcoins e le piattaforme exchanger che girano milioni di euro con i dealers che cambiano qualche centinaia di euro in rete . Con questa occasione viene per la prima volta introdotta però la definizione giuridica di “valuta virtuale” e di “cambiavalute virtuale” rendendo così gli exchanger soggetti destinatari delle normative antiriciclaggio di cui alla direttiva antiriciclaggio citata e la previsione che questi ultimi ottengano una licenza e l’iscrizione in un registro apposito. Il testo contiene anche le modalità con cui i prestatori del servizio devono comunicare alle autorità la loro presenza sul territorio.
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Oggi il Giappone legalizza il Bitcoin come metodo di pagamento – 01/04/2017
Liberamente tratto e commentato da articolo di del 31/03/2017 by gavriloBTC
Mentre l’Unione (totalitaria) Europea sta elaborando il miglior sistema per violare la privacy di chi utilizza i bitcoin, in Giappone da oggi la criptovaluta più conosciuta ed utilizzata al mondo diventa un metodo di pagamento legale e riconosciuto ufficialmente a tutti gli effetti. Dopo mesi di dibattito infatti, il legislatore del Paese del Sol Levante ha approvato una legge che ha portato le piattaforme exchanger di Bitcoin sotto l’ombrello dell’ antiriciclaggio (AML/KYC) , categorizzando la criptovaluta come una sorta di strumento di pagamento prepagato.
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Terrorismo e riciclaggio sono la scusa UE per toglierci il possesso del nostro denaro.
31/01/2017 – Liberamente tradotto, commentato, interpretato e tratto da questo articolo di Bitcoin.com da gavriloBTC
Mentre gli USA cominciano finalmente a respirare aria nuova con l’avvento del Presidente Trump e il suo “First America”, in Europa si respirano ancora gli asfittici miasmi del Nuovo Ordine Mondiale che ci vuole tutti come individuo-consumatore e attraverso la mescolanza delle razze “uomo a taglia unica” . In quest’ottica vanno inquadrati gli sforzi dell UE dove contante e cryptocurrencies diventano ora il bersaglio principale di sforzi antiriciclaggio della Commissione Europea. Di recente, la Commissione ha infatti pubblicato una tabella di marcia della sua proposta sull’iniziativa per le restrizioni sui pagamenti in contanti, estendendole anche alle cryptocurrencies come il Bitcoin.
LA BCE AMMONISCE L’UNIONE EUROPEA A NON PROMUOVERE BITCOIN
Liberi pensieri e considerazioni di un neocinquantenne sull’articolo di Gautham su newsBTC.com – 19/10/2016
L’ Europa della Brexit non riesce ormai più a nascondere le sue laceranti contraddizioni. Quanto durerà ancora prima di implodere? Riusciranno i suoi popoli, le sue nazioni, le sue intelligenze, a cambiarla prima del tragico epilogo? Gautham non se lo chiede nel suo articolo , anche se non manca di sottolineare che gli Stati europei non possono fare a meno di accorgersi della rivoluzione in atto sin dal suo arrivo e poi dalla sempre maggior diffusione del Bitcoin, sia dell’interesse che la nuova tecnologia che lo sottintende (la blockchain) sta suscitando in quelle menti europee che rappresentano il nuovo pensiero liberista e libertario , quello cioè che si ricollega alla sincera tradizione di progresso, prosperità e crescita democratica che il libero mercato ha garantito all’Occidente negli ultimi 150 anni, quello che odia insomma la burocrazia ma di più il lobbismo mondialista oggi imperante in Europa con la costante attuazione del Piano Kalergi.
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COME VOLEVASI DIMOSTRARE: IL BITCOIN NON E’ TASSABILE . PAROLA DI AGENZIA DELLE ENTRATE
02/09/2016
L’Agenzia delle Entrate si è finalmente decisa a rispondere agli interpelli di cittadini privati ed imprese che chiedevano lumi a proposito del trattamento fiscale dovuto per chi svolge attività di cambio in criptovalute (Bitcoin). Su questo argomento mi sono trovato spesso a “litigare” con colleghi , amici e soloni vari in quanto ho sempre espresso con forza il concetto che il Bitcoin esiste anche per rivoluzionare il rapporto di sudditanza che il cittadino (e quello italiano è in prima fila) ha verso le istituzioni che invece dovrebbero essere al suo servizio (e non il contrario). La sua natura decentralizzata , pseudoanonima e sfuggente è così anche perchè i suoi creatori, restituendo finalmente la libertà economica e finanziaria a chi lo possiede, hanno cambiato anche l’approccio che una persona libera finanziariamente, ha nei confronti dell’imposizione fiscale. Si passa cioè di fatto dall’ obbligo assoluto e incontestabile di pagare le tasse (con la tracciatura dei patrimoni e persino degli stili di vita), al “pago le tasse che ritengo giuste”. E in uno Stato vampiro e sempre inadempiente come l’Italia, ciò ha una funzione di riequilibrio notevole in questo rapporto con il cittadino. La questione dell’interpello all’Agenzia delle Entrate non andava nemmeno posta quindi a mio parere, perchè è fin troppo chiaro, che non avendo alcun riconoscimento giuridico del suo status o essendo comunque molto difficile da definire per la sua natura contemporanea di valuta, sistema di pagamento e asset finanziario, il Bitcoin non ha le caratteristiche per essere regolato al di fuori del suo potente algoritmo e perciò tanto meno tassato. Già un sentore di tali difficoltà si era percepito quando, nel gennaio 2014 l’on. Boccadutri (Sel) propose in sede di finanziaria una forma di riconoscimento del Bitcoin e il suo emendamento non fu nemmeno preso in considerazione in quanto “l’Italia non ha più sovranità monetaria” (così ,in parole spicciole, rispose l’allora Presidente della Commissione Bilancio della Camera dei Deputati) demandando perciò all’UE – EBA il compito di emettere una qualche direttiva in tal senso. Ebbene, l’Europa ha battuto un colpo appena nell’ottobre 2015 decretando in maniera solonica che, nonostante Bitcoin non possa essere considerato valuta a corso legale, gli scambi tra questo e le valute fiat (euro, dollaro, sterlina, rublo, yen, uan ecc.) sono da considerarsi come operazioni esenti IVA. Un segnale chiaro di quanto da me sostenuto, purtroppo molti “asini ” hanno anche i paraocchi e si ostinano a fare i “bravi cittadini che pagano le tasse” anche quando non serve. La risposta all’interpello dell’Agenzia delle Entrate e il seguente comunicato sembra definitivamente (temo però solo per ora) chiudere la questione a favore delle mie convinzioni.
Banca d’Italia dà il “nulla osta” all’esplorazione dei Bitcoin
Dialogo con le banche per sviluppare la Blockchain, la tecnologia sottostante la moneta digitale. Un seminario
di Alberto Brambilla | 22 Giugno 2016 ore 06:15
CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA: NO IVA SU BITCOIN VALUTA VIRTUALE
Corte di giustizia Ue. Una sentenza qualifica lo «strumento» come una valuta
I servizi relativi al «bitcoin» sono prestazioni esenti Iva
La notizia è ormai nota da qualche giorno (22/10/2015) perciò ho deciso di pubblicare una sintesi piuttosto chiara di quale significato assuma tale decisione lasciando a ognuno le conclusioni da trarre. Gavrilo
La Corte di giustizia Ue risolve in modo semplificato le questioni sulla natura finanziaria delle operazioni relative al “bitcoin”. Con la sentenza di giovedì scorso relativa alla causa C-264/14, la Corte chiarisce che il bitcoin può essere considerato come una valuta virtuale, utilizzata per lo scambio di beni e servizi sul web, sostenendo che le prestazioni di servizi a essa relative rientrano nel campo di applicazione dell’Iva, seppur esenti. In precedenza l’inquadramento di Bitcoin ai fini fiscali variava da Stato a Stato, con alcuni che lo consideravano esente da IVA come la Finlandia e la Spagna ed altri che richiedevano che la valuta dovesse essere inquadrata secondo le leggi in vigore per le valute fiat. Ora l’esenzione verrà applicata su tutto il territorio europeo in quanto lo scambio di bitcoin è stato formalmente dichiarato esente da IVA.
Gli esperti Iva
La posizione della Corte di giustizia Ue anticipa anche le conclusioni di una discussione che era già stata introdotta lo scorso anno dal Regno Unito e che è stata oggetto di analisi sia da parte del Comitato Iva che del Gruppo europeo degli esperti Iva (Veg). La discussione verteva sul fatto se il bitcoin potesse essere considerato o meno come una valuta e quale dovesse essere il trattamento ai fini Iva. Il dubbio nasce dalla natura del bitcoin che, a differenza delle valute tradizionali, non fa riferimento a un ente centrale che lo regolamenti, ma utilizza una piattaforma che tiene traccia delle transazioni e gestisce gli aspetti funzionali, quali la creazione di nuova moneta e l’attribuzione della proprietà. In particolare, il dubbio era quello di definire il bitcoin come una moneta elettronica, come una valuta, come uno strumento finanziario, come un voucher ovvero come un bene digitale. A seconda della qualifica che si intende attribuire al bitcoin, cambia il relativo trattamento ai fini Iva. Infatti, in caso di valute o moneta elettronica, i relativi servizi a esso riconducibili sarebbero esenti da imposta. Al contrario, definire il bitcoin come un bene virtuale comporterebbe il fatto che i servizi a esso relativi sarebbero soggetti a Iva con aliquota ordinaria.
La discussione da parte del Comitato Iva e del Gruppo di esperti Iva non era giunta ancora a una conclusione condivisa. La pronuncia della Corte di giustizia Ue costituisce quindi un punto fermo per la soluzione del problema.
La decisione della Corte
La Corte parte da un quesito posto da un soggetto svedese che intende acquistare bitcoin direttamente da privati e società o da una piattaforma di cambio internazionale, per poi rivenderli sulla piattaforma stessa ovvero depositarli su uno spazio di archiviazione.
Per la definizione della questione, la Corte di giustizia Ue parte dalla posizione dell’avvocato generale e della Banca centrale europea che definisce il bitcoin come una «moneta virtuale» a flusso bidirezionale, che gli utenti possono acquistare e vendere in base ai tassi di cambio. Secondo la Bce tali valute virtuali sono simili a ogni altra valuta convertibile, per quanto riguarda il loro utilizzo nel mondo reale, e consentono l’acquisto di beni e servizi sia reali che virtuali. Precisa, inoltre, la Corte che le valute virtuali sono diverse dalla moneta elettronica in quanto, a differenza da tale moneta, nel caso delle valute virtuali i fondi non sono espressi nell’unità di calcolo tradizionale, ad esempio in euro, ma nell’unità di calcolo virtuale, ad esempio il bitcoin.
Pertanto, anzitutto la Corte risolve la prima questione relativa al fatto che il bitcoin non può essere considerato come un bene virtuale, come invece sosteneva il Governo svedese, e la relativa acquisizione non costituisce una cessione di beni. Successivamente, la Corte qualifica il bitcoin come una valuta, un mezzo di pagamento: per questo motivo i servizi a esso relativi si considerano prestazioni di servizi esenti da Iva. Qui i dettagli del questito posto dall’Avvocatura Generale UE alla Corte e le conclusioni che troverete una volta pubblicate.
L’Unione Europea risponde: IVA non applicabile per gli scambi in Bitcoin
Ecco il link dove viene trattato in maniera approfondita la sentenza con cui l’Unione europea risponde ai quesiti di applicabilità dell’IVA sugli scambi in bitcoin.
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Niente IVA sui Bitcoin in Svizzera – 12/06/2015
12 Giugno 2015
Niente IVA sui Bitcoin in Svizzera
Anche se la notizia ha ormai una quindicina di giorni, ritengo che sia utile riportarla perchè aggiunge un altro tassello all’orientamento prevalente dei governi e delle giurisdizioni europee riguardo alla criptovaluta ed alla possibile applicabilità di una tassazione su di essa. La cosa non è per niente banale in quanto uno dei maggiori pregi, ma anche delle maggiori fonti di difficoltà ad inquadrarla, è la capacità del Bitcoin di essere contemporaneamente moneta (pur con volatilità importante), asset o prodotto finanziario (azioni-shares tassabili per capital gain o con imposte sul valore aggiunto) e strumento di pagamento (alla pari e addirittura meglio di carte di credito, paypal, bonifico ecc.) Diversamente da quanto pare sia l’orientamento USA dove, tentativi di regolamentazione ed inquadramento del BTC come bene soggetto a tassazione, sull’esempio della Bit Licence adottata in quel di New York che sta però provocando la fuga degli operatori da quel territorio, in Europa del nord (Baltici e Scandinavia), così come recentemente in Spagna, l’orientamento è invece quello di non considerarne l’aspetto di bene o prodotto ivabile, evitando che ciò incida pesantemente sul suo valore complessivo e conseguentemente sullo scambio e sulla sua diffusione . Ora quindi anche la Svizzera pare orientata verso questo atteggiamento e a riportarcelo è l’Associazione Bitcoin Svizzera che ha pubblicato un comunicato che di seguito riporto: