NEL 2025 LA CORTE DI CASSAZIONE SI ACCORGE CHE BITCOIN NON E’ PIGNORABILE

Con la sentenza n. 1760 la Cassazione ha sancito che le monete digitali come i Bitcoin non possono essere oggetto di sequestro preventivo in caso di evasione fiscale.

Il 15 gennaio del 2025 la Corte di Cassazione si è svegliata e con una sentenza, la 1760/2025 appunto, finalmente si accorge che i Bitcoin non sono sequestrabili o pignorabili (e quindi nemmeno tassabili).

E’ esattamente quello che vado dicendo da almeno una decina di anni, con grande imbarazzo e scandalo dei benpensanti del “pagare le tasse SI DEVE”.

Continuo ad affermarlo: Bitcoin è uno strumento di libertà finanziaria che permette di pagare solo le tasse che si ritengano giuste . E’ nella sua natura ed è scritto nel suo algoritmo e sicuramente non lo sarà per merito di una sentenza di Cassazione che non fa altro che prenderne atto.

Ciò ha naturalmente scatenato una serie di articoli e considerazioni in proposito su varie testate specialistiche di criptovalute e legali come quella di Brocardi che ho preso in esame . Essenzialmente, il caso di un sequestro probatorio di 1,88805294 BTC come equivalente di € 120.635,25 da reato di evasione fiscale, tra l’altro proveniente da guadagni effettuati facendo trading di criptovalute su varie piattaforme exchanger e quantificati nella somma di € 463.993,06. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della difesa (del trader o exchanger) dichiarando nullo il sequestro in quanto la natura del Bitcoin e la sua volatilità non permettono di considerarlo nè come moneta legale (in Italia lo è solo l’Euro) nè come equivalente della somma dovuta al fisco e causa di reato, proprio per la sua volatilità e per la mancanza di un ente che ne possa decidere d’imperio il valore.

Questa sentenza ha ovviamente delle conseguenze come ad es. l’insequestrabilità del valore convertito da euro a monete digitali permettendo così di evitare le conseguenze patrimoniali dei reati tributari e proteggere i proventi dell’evasione fiscale in modo non illegale. Potrà seguire quindi anche una sentenza di condanna, ma i proventi così realizzati resteranno nella disponibilità del bitcoiner.

E non potrebbe essere altrimenti, nonostante sia evidente la curiosa connessione tra bitcoiners e incidenti nautici con conseguente dispersione di congrui wallet bitcoin.

Per certo la Corte di Cassazione dimostra con questa sentenza un intento non dichiarato e forse non consapevole di protezione delle istituzioni dal ridicolo di doversi esporre ad azioni inefficaci come il sequestro di strumenti di conservazione delle valute virtuali (wallet), anche fisici, che, fuori dalle mani del legittimo proprietario, improvvisamente e come per incanto, si svuotano del loro contenuto.

Questo articolo non incita all’evasione fiscale nè fornisce “istruzioni” per omettere i propri obblighi fiscali, ribadisce piuttosto l’intento di invogliare il lettore a tracciare una linea con il Bitcoin oltre la quale la propria libertà finanziaria non può essere violata. Questa idea è in sintonia con la vena libertaria di molti appassionati di criptovalute come il sottoscritto.

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