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BITCOIN REGULATION – LE LOBBY FINANZIARIE AFFILANO LE UNGHIE

Gli ultimi attacchi hacker e le ingenti perdite di criptovalute su mercati non regolamentati quali sono oggi le piattaforme exchanger, insieme all’aumento generale del valore di mercato di questo settore che dopo esser passato dagli oltre 800 miliardi di dollari di dicembre scorso ai 400 miliardi di controvalore attuali destando l’interesse non solo degli investitori a livello globale, ma anche quello dei regolatori mondiali che pare si siano fissati nell’indicare il 2018 come l’anno della regolamentazione per il mondo delle criptovalute. Insomma, la torta è veramente appetitosa e ci devono mettere le grinfie sopra a qualsiasi costo, anche se personalmente dubito, per la natura stessa delle criptovalute, che  ci riescano in modo efficace.

E’ in questo contesto che si inquadrano due freschi interventi a tal proposito. Il primo di cui vi riporto è di Christine Lagarde, capo del Fondo Monetario Internazionale, che ha dichiarato che l’azione normativa internazionale sulle criptovalute è “inevitabile”. Lagarde, che è l’amministratore delegato dell’organizzazione internazionale che mira a promuovere la stabilità finanziaria globale, ha affermato che le preoccupazioni del FMI sulle criptovalute derivano in gran parte dal loro potenziale uso in attività finanziarie illecite. In un’intervista rilasciata a CNNMoney l’11 febbraio, ha affermato: “Stiamo attivamente contrastando il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo, e ciò rafforza la nostra determinazione a lavorare su queste due direzioni”. Lagarde ha inoltre spiegato che la direzione normativa dovrebbe essere basata sulle attività di scambio, concentrandosi su “chi sta facendo cosa, e se sono adeguatamente autorizzati e supervisionati”. Mentre i nuovi commenti sono in gran parte in linea con le già pubbliche vedute di Lagarde sulla criptovaluta, indicano che il FMI potrebbe muoversi per essere più attivamente coinvolto nella prevenzione dell’uso illecito della suddetta. In più occasioni, Lagarde ha precedentemente avvertito che le criptovalute dovrebbero essere prese sul serio e ha richiesto la cooperazione tra i regolatori di tutto il mondo. E lei non è la sola a esprimere preoccupazioni sull’uso della criptovaluta nei crimini finanziari transfrontalieri. Secondo un precedente rapporto di CoinDesk, durante il Forum economico mondiale di Davos a fine gennaio, diversi leader mondiali hanno condiviso lo stesso sentimento, tra cui il primo ministro britannico Theresa May, il presidente francese Emmanuel Macron e il segretario del Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti Steven Mnuchin. E, proprio la scorsa settimana, alti funzionari di Francia e Germania hanno chiesto al gruppo di nazioni del G20 di discutere di un’azione cooperativa sulle criptovalute in vista di un vertice il prossimo mese.

Il secondo intervento  proviene da tre regolatori europei con controllo su titoli,  banche e  pensioni che hanno emesso oggi un avvertimento congiunto ai residenti della UE intenzionati ad investire in criptovalute. Citando la volatilità dei mercati crittografici, la mancanza di regolamentazione e il potenziale di gravi perdite, l’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA), l’Autorità bancaria europea (EBA) e l’Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali (EIOPA) hanno scritto una breve nota agli investitori sugli “alti rischi di acquistare e / o detenere le cosiddette valute virtuali”. Collettivamente denominate (ESA), le autorità europee di vigilanza  affermano l’ esistenza di un “alto rischio” che gli investitori possano perdere tutti i loro fondi se scelgono di investire in criptovalute, specificando che esiste attualmente una bolla apparente nei mercati . Hanno continuato, scrivendo: “Le VC (valute virtuali) e gli exchanger in cui i consumatori possono effettuare scambi di criptovalute non sono regolamentati dal diritto comunitario, il che significa che i consumatori che acquistano VC non beneficiano di alcuna protezione associata ai servizi finanziari regolamentati. Essendo fuori dal mercato regolamentato, per  i consumatori a cui sono stati rubati i soldi perché il loro conto VC è stato soggetto ad un attacco informatico, non esiste una legge dell’UE che copra le loro perdite “. L’avvertimento menziona esplicitamente bitcoin, ethereum, litecoin e XRP, notando inoltre che altre criptovalute vengono spesso vendute senza alcuna informazione che spieghi il loro background o i rischi nell’acquisto. Parte del rischio, afferma l’ESA, deriva dalla difficoltà di acquistare o vendere criptovalute a causa di ritardi nelle transazioni. Gli utenti possono acquistare una certa quantità di criptovaluta a un prezzo specifico, ma la congestione della rete significa che potrebbero ricevere una quantità inferiore a un prezzo più alto. Per i residenti che vogliono ancora investire in criptovalute, la nota raccomanda di comprendere le caratteristiche del token venduto e di non investire più di quanto ci si possa permettere di perdere. Inoltre, gli utenti dovrebbero adottare misure per mantenere sicuri i loro portafogli digitali. L’avvertimento arriva dai crescenti rumors all’interno dell’UE sul mercato di criptovalute, i suoi rischi percepiti e la sua potenziale regolamentazione. L’ESMA ha dichiarato la scorsa settimana che le criptovalute saranno una delle sue massime priorità nel 2018, mentre un giorno dopo, alti funzionari di Francia e Germania hanno chiesto al gruppo di nazioni G20 di discutere l’azione cooperativa sulle criptovalute in vista di un vertice il prossimo mese. Allo stesso tempo, il membro del consiglio di amministrazione della Banca centrale europea (BCE) Yves Mersch ha espresso preoccupazione sull’apparente “corsa all’oro” nei mercati cripto, aggiungendo che una soluzione normativa potrebbe essere quella di forzare gli exchangers non regolamentati a segnalare le transazioni.

COME VOLEVASI DIMOSTRARE: IL BITCOIN NON E’ TASSABILE . PAROLA DI AGENZIA DELLE ENTRATE

02/09/2016

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L’Agenzia delle Entrate si è finalmente decisa a rispondere agli interpelli di cittadini privati ed imprese che chiedevano lumi a proposito del trattamento fiscale dovuto per chi svolge attività di cambio in criptovalute (Bitcoin). Su questo argomento mi sono trovato spesso a “litigare” con colleghi , amici e soloni vari in quanto ho sempre espresso con forza il concetto che il Bitcoin esiste anche  per rivoluzionare il rapporto di sudditanza che il cittadino (e quello italiano è in prima fila) ha verso le istituzioni che invece dovrebbero essere al suo servizio (e non il contrario). La sua natura decentralizzata , pseudoanonima e sfuggente è così anche perchè i suoi creatori, restituendo finalmente la libertà economica e finanziaria a chi lo possiede, hanno cambiato anche l’approccio che una persona libera finanziariamente, ha nei confronti dell’imposizione fiscale.  Si passa cioè di fatto dall’ obbligo assoluto e incontestabile di pagare le tasse (con la tracciatura dei patrimoni e persino degli stili di vita),  al “pago le tasse che ritengo giuste”. E in uno Stato vampiro e sempre inadempiente come l’Italia, ciò ha una funzione di riequilibrio notevole in questo rapporto con il cittadino. La questione dell’interpello all’Agenzia delle Entrate non andava nemmeno posta quindi a mio parere, perchè è fin troppo chiaro, che non avendo alcun riconoscimento giuridico del suo status o essendo comunque molto difficile da definire per la sua natura  contemporanea di valuta, sistema di pagamento e asset finanziario, il Bitcoin non ha le caratteristiche per essere regolato al di fuori del suo potente algoritmo e perciò tanto meno tassato.  Già un sentore di tali difficoltà si era percepito quando, nel gennaio 2014 l’on. Boccadutri (Sel) propose in sede di finanziaria  una forma di riconoscimento del Bitcoin e il suo emendamento non fu nemmeno preso in considerazione in quanto “l’Italia non ha più sovranità monetaria” (così ,in parole spicciole, rispose l’allora Presidente della Commissione Bilancio della Camera dei Deputati) demandando perciò all’UE – EBA il compito di emettere una qualche direttiva in tal senso.  Ebbene, l’Europa ha battuto un colpo appena nell’ottobre 2015 decretando in maniera solonica che, nonostante Bitcoin non possa essere considerato valuta a corso legale, gli scambi tra questo e le valute fiat (euro, dollaro, sterlina, rublo, yen, uan ecc.) sono da considerarsi come operazioni esenti IVA. Un segnale chiaro di quanto da me sostenuto, purtroppo molti “asini ” hanno anche i paraocchi e si ostinano a fare i “bravi cittadini che pagano le tasse” anche quando non serve.  La risposta all’interpello dell’Agenzia delle Entrate   e il seguente comunicato sembra definitivamente (temo però solo per ora) chiudere la questione a favore delle mie convinzioni.

AdElogo

Ufficio Comunicazione

COMUNICATO STAMPA

Acquisto e vendita di bitcoin e monete virtuali
In una risoluzione i chiarimenti delle Entrate sul trattamento fiscale

Esenzione Iva per le operazioni di cambio di bitcoin.

Le attività di intermediazione di valuta tradizionale con moneta virtuale svolte dagli operatori del mercato non scontano l’Iva in quanto rientrano tra le operazioni relative a banconote e monete. Per i clienti persone fisiche, invece, che detengono i bitcoin al di fuori dell’attività d’impresa, si tratta di operazioni a pronti che non generano redditi imponibili perché manca la finalità speculativa. Sono questi i principali chiarimenti della risoluzione n. 72/E pubblicata oggi, con cui l’Agenzia delle Entrate, in linea con i recenti orientamenti della Corte di Giustizia dell’UE, illustra il trattamento fiscale da applicare a chi svolge attività di acquisto e cessione a pronti di moneta virtuale in cambio di valuta “tradizionale”.

Imposte dirette e Iva – Il documento di prassi precisa che le operazioni relative ai bitcoin sono prestazioni di servizi esenti da Iva. Sul piano della tassazione diretta, invece, i ricavi che derivano dall’attività di intermediazione nell’acquisto e vendita di bitcoin sono soggetti ad Ires ed Irap, al netto dei relativi costi. Per valutare i bitcoin di cui la società dispone a fine esercizio occorre considerarne il valore normale, cioè la loro quotazione in quel momento.

Niente oneri da sostituto d’imposta – Per quanto riguarda i clienti persone fisiche che detengono i bitcoin al di fuori dell’attività d’impresa, la risoluzione chiarisce che si tratta di operazioni a pronti che non generano redditi imponibili perché manca la finalità speculativa. Ne deriva che gli operatori non sono tenuti agli adempimenti tipici dei sostituti d’imposta. Resta ferma la facoltà dell’Agenzia, in sede di controllo, di acquisire le liste della clientela per le opportune verifiche.
Roma, 2 settembre 2016

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Qualcuno obbietterà   che a livello di impresa è invece tassabile eccome.  In realtà pensandoci bene, nella quasi totalità dei casi le attività di impresa sono interessate al bitcoin in quanto sistema di pagamento senza costi ( al contrario dei servizi bancari, POS e carte di credito) parificabile alla ricezione di un pagamento in contanti e con  tempi pressochè nulli di ricezione.  Sono quindi più interessati , per offrire questa opportunità di pagamento ai loro clienti, ad un processore di pagamento stile BitPay o GoCoin  che accetti bitcoin per loro e giri sul conto corrente aziendale il controvalore in euro, che a detenere un certo numero di bitcoin da contabilizzare a fine esercizio annuale. Per la piccolissima minoranza che svolge attività finanziaria di brokeraggio o similis, il Bitcoin invece non rappresenta contabilmente, nè più nè meno di qualsiasi altro prodotto finanziario da trattare ai fini fiscali in relazione a plus o minus valenze generatesi durante l’esercizio annuale.

Sarebbe interessante conoscere nel corso di eventuale “opportuna verifica” quale sia la  quotazione bitcoin di riferimento presa in considerazione dall’Agenzia delle Entrate, atteso che notoriamente il bitcoin vale quanto uno è disposto a pagarlo ed un altro a venderlo e che risulta facilissimo quindi far risultare delle perdite anche dove ci sono guadagni. Alla luce di quanto espresso, anche sulle imprese, il trattamento fiscale ai fini IRES – IRAP mi appare perlomeno aleatorio.

Gavrilo


Aggiornamento del 07/09/2016

Oggi un articolo di Marco Piazza sul ilsole24hlogo  dal titolo :

Le operazioni in Bitcoin non tassabili come le banconote

 

interviene coerentemente alle mie posizioni… Potete leggerlo cliccando sul logo del quotidiano

04/07/2014 – da Ansa.it – EBA a banche, per ora evitate Bitcoin. Un motivo in più per averli

Una notizia che non sarebbe neanche da pubblicare, tanto scontati sono gli interessi mafiosi e lobbistici che sottintendono le dichiarazioni dell’Autorità Bancaria Europea sul bitcoin, uniti a un autentico terrore che traspare evidente per il destino segnato per questa “istituzione” e  per gli accoliti che la sorreggono. La diffusione del Bitcoin significa infatti per tutti costoro la fine di un potere che ritenevano invincibile: quello di gestire e dirigere la ricchezza individuale attraverso il controllo della valuta. 

In altri Paesi più illuminati (Regno Unito e Australia solo per fare esempi recenti) dopo un’indagine scrupolosa effettuata dalle rispettive Agenzia delle Entrate (quella delle tasse governative), hanno deciso di rinunciare a legiferare su qualcosa che è impossibile da  controllare evitando almeno di essere ridicolizzati dall’evidenza (vedi immagine). BTCbannatiUn riconoscimento alla  genialità di chi, sotto lo pseudonimo di Satoshi Nakamoto, ha formulato il concetto di criptovaluta fondata su algoritmo matematico che ha come fine ultimo quello di ridare sovranità monetaria a chi la detiene salvaguardando nel contempo  privacy personale ed autenticità (non è falsificabile),  salvandola da signoraggio, inflazione e quindi dagli sporchi giochi finanziari di chi ha causato l’ultima crisi economica mondiale ed in sostanza perciò da chi controlla enti come l’EBA e BCE europee o la Federal Reserve americana. Solo che negli USA si sono accorti da tempo che ci si deve alleare con il nemico che non puoi sconfiggere e, dopo il tentativo di assoggettarlo alle stesse regole che valgono per i prodotti finanziari, adesso si comincia a riconoscere il Bitcoin anche come valuta a corso legale  (vedi le decisioni del governatore della California proprio in questi giorni). In Italia invece, nonostante qualche “illuminato” legislatore abbia tentato di introdurre il concetto di Bitcoin per decreto (l’emendamento dell’on. Boccadutri al decreto Destinazione Italia nel gennaio scorso) la risposta è stata disinformazione, terrorismo mediatico o al massimo l’ammissione che il BelPaese non ha più sovranità monetaria demandando quindi qualsiasi decisione all’Europa delle banche e delle lobby finanziarie. E’ naturale perciò che la stampa di regime ( leggi Gruppo Espresso) per salvaguardare il concetto cattocomunista ” se non ci son poveri, bisogna crearli” si getti sulla pseudonotizia amplificandola il più possibile anche nelle sue propaggini artrofiche locali come ad es. il Messaggero Veneto del 05/07/14 (leggi articolo qui sotto).EBABTCMV

Nonostante il ben più importante Repubblica, suo riferimento principale su tutto ciò che non sia locale, da tempo pubblichi ormai notizie sull’argomento, questo è il  primo articolo su Bitcoin che il Messaggero Veneto fa uscire. Eppure dal 20 febbraio 2014 hanno il primo bitcoin bancomat installato in Italia a nemmeno un kilometro di distanza dalla redazione qui a Udine, ma nulla è trapelato sui bitcoin finchè una televisione locale ha messo in onda un servizio una decina di giorni fa… “A pensar male si fa peccato – diceva Giulio Andreotti – ma ci si azzecca sempre”… Sarà un caso o potrebbe sembrare tendenzioso visto che parliamo di un quotidiano di orientamento politico esattamente opposto a quelli del gruppo Espresso, ma l’opportunità scelta solo qualche giorno fa dal Giornale di accettare il pagamento  degli abbonamenti in bitcoin va invece proprio nel senso opposto a quanto predicato da EBA e vecchiume della finanza vario…chi avrà ragione?…. Qui sotto pubblico l’agenzia Ansa sulla pseudo-notizia che non cambia comunque nemmeno di una virgola quanto sopra esposto.

Ansa.itEba a banche, per ora evitate Bitcoin

Propone regime regolatorio, prima di quello sconsiglia utilizzo

(ANSA) – ROMA, 4 LUG – Gli istituti finanziari “non dovrebbero acquistare, detenere o vendere” le monete virtuali, prima che entri in vigore un regime regolatorio proposto dall’Eba. E’ quanto si legge in una nota dell’Autorità bancaria europea, che identifica più di 70 categorie di rischio dalle monete virtuali, fra cui il Bitcoin è la più famosa. Fra i profili di rischio, quelli per gli utenti e per la sicurezza finanziaria, fra cui il potenziale riciclaggio del denaro sporco.