NANI E CRIPTOBALLERINE – STORIA DEL PRIMO EXCHANGER-CRACK ITALIANO

Nell’ultimo articolo da me pubblicato ho riportato un ingente furto avvenuto nemmeno 15 giorni fa sulla piattaforma giapponese Coincheck per un controvalore di  58 miliardi di yen (pari a 530 milioni di dollari), come una delle cause del calo di  quotazione del Bitcoin a cui abbiamo appena assistito. Queste situazioni non sono certo una rarità, anzi  sono per lo più comuni nel mondo delle criptovalute ed è una delle ragioni per cui molti preferiscono affidarsi a cambiavalute privati, ma affidabili, piuttosto che a piattaforme exchanger di cui non si sa nulla se non che i vostri denari non sono assolutamente assicurati e che questi mercati sul web non hanno alcun requisito che li accomuni a Banche, società finanziarie o Assicurazioni. Il mio consiglio è sempre quello di possedere un wallet proprietario dove conservare le criptovalute (vedi qui il tutorial su come scegliere quello giusto e sicuro) e di lasciare soldi e criptovalute il meno tempo possibile sulle piattaforme exchanger, qualora voleste usarle. Buona lettura

Da Il sole24ore – 10/02/2018

Un furto da 17 milioni di Nano (circa 195milioni di dollari) è stato denunciato dalla piattaforma di scambio italiana Bitgrail Srl. Un ammanco pesante, che pone ancora volta seri dubbi sull’intero mondo delle criptovalute. La notizia è stata diffusa proprio da Bitgrail, che con una nota sul suo sito postata alle 21.30 di sabato 9 febbraio, ha raccontato l’accaduto: «da controlli di verifica interna di congruità delle operazioni di prelievo – è scritto – sono emerse delle transazioni non autorizzate che hanno portato ad un ammanco di 17 milioni di Nano costituenti parte dei portafogli gestiti da Bitgrail S.r.l. Per l’attività fraudolenta di cui sopra, è stata presentata in data odierna regolare denuncia querela presso le autorità di polizia competente e le indagini di polizia sono in corso. Si informa che le altre valute depositate non sono state interessate dai prelievi non autorizzati».

Al momento del furto, la criptovaluta Nano valeva circa 11,5 dollari. Ma dopo la notizia dell’operazione fraudolenta, il valore è sceso fino a toccare 8,25 dollari. Dopo la denuncia, Bitgrail ha interrotto ogni operazione di scambio: «Per effettuare ulteriori accertamenti su quanto avvenuto, in via cautelativa ed a tutela degli utenti verranno temporaneamente sospese tutte le funzionalità del sito, ivi compresi i prelievi ed i depositi» è scritto nella nota della società.

Chi c’è dietro Bitgrail
BitGrail è una Srl con sede a Firenze che si occupa di Webcoin Solution. Una piattaforma di scambio per criptovalute come molte altre in giro per il mondo. L’amministratore della società è il trentunenne Francesco Firano, che nelle ultime ore è accusato da molti utenti su Reddit e su Bitcointalk per quanto successo con la criptovaluta Nano. Accuse alle quali Firano (il cui account è TheBomber9 su Reddit e TheBomber999 su Bitcointalk) ribatte colpo su colpo.

La posizione del team Nano
Intanto su Medium, una nota a firma di Nano Core Team, racconta l’accaduto: «L’8 febbraio 2018 il team Nano Core è stato informato da Francesco “The Bomber” Firano – proprietario e gestore della borsa BitGrail – di una perdita del portafoglio BitGrail. Il nostro team ha prontamente contattato le forze dell’ordine e stiamo collaborando pienamente su questo tema. Dalla nostra indagine preliminare non è emersa alcuna doppia spesa nel libro mastro e non abbiamo motivo di credere che la perdita sia dovuta a un problema nel protocollo Nano. I problemi sembrano essere legati al software di BitGrail». Quelli di Nano scrivono che prima dell’8 febbraio non avevano conoscenza dell’insolvenza di BitGrail. E aggiungono che nella conversazione, Firano ha chiesto loro di modificare il libro mastro per coprire le sue perdite: «una direzione che non avremmo mai perseguito».

«BitGrail – è scritto ancora nella nota – è un’azienda indipendente e Nano non è responsabile del modo in cui Firano o BitGrail conducono la loro attività. Non abbiamo alcuna visibilità nell’organizzazione BitGrail, né abbiamo il controllo sul loro funzionamento. Abbiamo ora sufficienti motivi per credere che Firano abbia ingannato il Nano Core Team e la comunità riguardo alla solvibilità dello scambio BitGrail per un significativo periodo di tempo. Non risponderemo alle accuse di Firano in merito a questa situazione. Stiamo preparando tutte le informazioni di cui disponiamo su questo tema per presentarle alle forze dell’ordine».

Cos’è Nano
Nano è una criptovaluta che allo stato attuale ha un marketcap da un miliardo e 89 milioni di euro. È al 23esimo posto per capitalizzazione di mercato nella classifica di Coinmarketcap (ma in passato è stata nella top venti). Ha un’architettura block-lattice, che consente a ciascun utente di avere la propria blockchain ed aggiornarla senza essere sincronizzata rispetto al resto della rete.

La difesa di Firano
Intanto Francesco Firano non ci sta, e si difende, spiegando al Sole24ORE la sua versione dei fatti: «Ci siamo resi conto dell’ammanco – racconta l’amministratore di BitGrail – durante uno degli spostamenti di coin che facciamo periodicamente. E subito dopo abbiamo contattato lo sviluppatore di Nano, facendo presente il problema e sottolineando – al tempo stesso – alcune incongruenze nel loro software che non ci aiutano a capire neanche quando è avvenuto il furto».

Firano spiega di aver chiesto personalmente «un’operazione di fork, con l’intento di risanare le perdite degli utenti, non per insabbiare l’accaduto come hanno scritto gli sviluppatori della moneta nel loro comunicato. Le loro accuse nei miei confronti sono pesanti. E devo dire che mi hanno messo in serio pericolo. In questa storia, del resto, ci sono persone che hanno perso molti soldi». Il trentunenne fiorentino racconta di come il suo account Twitter sia preso d’assalto da utenti di mezzo mondo: «È pieno di minacce di morte nei miei confronti, qualcuno ha pubblicato anche l’indirizzo di casa mia. È una situazione abbastanza paradossale, creata dal comunicato ufficiale diramato dagli sviluppatori di Nano». E adesso cosa succede? «Abbiamo presentato denuncia alla Polizia Postale, – aggiunge Firano – fornendo anche gli indirizzi (mail comprese) sui quali questi coin mancanti sono finiti. Adesso c’è un’indagine in corso e mi auguro che si faccia luce al più presto su quanto accaduto».

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.